Come fare trading con l’indice di Borsa Italiana FTSE Mib
Il FTSE MIB è l’indice di riferimento per il mercato azionario italiano. Questo indice, che rappresenta circa l’80% della capitalizzazione di mercato, è composto da azioni di primaria dimensione e liquidità
appartenenti al mercato azionario italiano.
L’indice FTSE MIB misura la performance di 40 azioni quotate su Borsa Italiana con l’obiettivo di replicare la composizione settoriale del mercato azionario italiano. L’indice è ricavato partendo dall’insieme di tutte le azioni quotate sui mercati MTA e MIV di Borsa Italiana (BIt).
Ma non è tutto.
Anche la situazione politica italiana ha dimostrato, da sempre, di poter generare il panico o l’euforia sui mercati pertanto tenete sempre d’occhio i notiziari e le agenzie di stampa perché basta una semplice dichiarazione (o nella nostra era digitale un tweet) a far scatenare ondate di acquisti o di vendite sul nostro indice. Quella che segue infatti è una breve storia di come siamo arrivati e soprattutto da dove partiamo (quotazioni che, forse, non rivedremo mai più).
Analisi tecnica e storica dell’indice FTSE Mib
L’indice di riferimento italiano è iniziato il 31 dicembre 1992 con il nome COMIT 30 con un valore base di 100 punti. Il 17 ottobre 1994, la Borsa Italiana ha rilevato i diritti su COMIT 30 della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo) ridenominandolo Mib30. Il valore base per l’anno 1992 è stato fissato a 10.000 punti. Nell’indice fino al 1º giugno 2003 sono stati inclusi i 30 titoli a maggior capitalizzazione di Piazza Affari. E’ stato stabilito come valore base dell’indice FTSE MIB quello dell’indice MIB 30 alla chiusura delle negoziazioni del 31 ottobre 2003 (10.644). I valori storici dell’indice FTSE MIB sono stati poi ricalcolati a partire dal 31 dicembre 1997 (24.402). L’indice FTSE MIB nasce in seguito alla fusione di Borsa italiana con il LSE che ha creato il London Stock Exchange Group e che si occupa quindi anche del FTSE 100, indice del mercato inglese.
Una lenta ripresa è iniziata nel 2013 dovuta alle mosse espansive da parte della BCE – con il lancio delQuantitative Easing, ossia il massiccio acquisto di titoli di stato sovrani in asta ma anche alla temporanea risoluzione della crisi greca, con un nuovo piano di aiuti di durata pari a 4 mesi, e ai primi segnali di ripresa economica nell’euro-zona, come il rialzo dell’Indice Pmi; finché le contrattazioni non hanno raggiunto i 24000 punti nel 2016, dove le quotazioni sono tornate a scendere a causa del referendum che decretava il Regno Unito fuori dall’Europa: la Brexit. La resilienza del nostro mercato però questa volta fu tale che i 16000 punti toccati come minimo si sono rivelati un’ottima occasione d’acquisto, con un “Rally di Natale” partito a dicembre dello stesso anno e che si è esaurito solo a maggio 2018 quando di nuovo sui 24000 punti, l’indice ha subìto una pesante battuta d’arresto dopo le elezioni politiche che sono state vinte da forze considerate euro-scettiche facendo tornare l’ombra della speculazione sul mercato italiano. Tuttavia, anche in questo caso, svanita la paura, le contrattazioni stanno procedendo in modo tranquillo nel 2019.
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Questa tabella mostra la performance dell’indice italiano dal 1992, anno di istituzione del vecchio indice Comit al 2018.
ANNO | PUNTI AL 31/12 | VARIAZIONE IN PUNTI | VARIAZIONE % |
---|---|---|---|
1992 | 10 000 | ||
1993 | 14 560,00 | +4 560,00 | +45,60 |
1994 | 14 748,00 | +188,00 | +1,29 |
1995 | 14 132,00 | -616,00 | -4,18 |
1996 | 15 697,00 | +1 565,00 | +11,07 |
1997 | 24 942,00 | +9 245,00 | +58,90 |
1998 | 35 152,00 | +10 210,00 | +40,93 |
1999 | 42 991,00 | +7 839,00 | +22,30 |
2000 | 43 719,00 | +728,00 | +1,69 |
2001 | 32 263,00 | -11 456,00 | -26,20 |
2002 | 23 886,00 | -8 377,00 | -25,96 |
2003 | 26 887,00 | +3 379,00 | +12,56 |
2004 | 30 903,00 | +4 016,00 | +14,94 |
2005 | 35 704,00 | +4 801,00 | +15,54 |
2006 | 41 434,20 | +5 730,20 | +16,05 |
2007 | 38 553,67 | -2 880,53 | -6,95 |
2008 | 19 459,53 | -19 094,14 | -49,53 |
2009 | 23 248,39 | +3 788,86 | +19,47 |
2010 | 20 173,29 | -3 075,10 | -13,23 |
2011 | 15 089,74 | -5 083,55 | -25,20 |
2012 | 16 273,38 | +1 183,64 | +7,84 |
2013 | 18 967,71 | +2 694,33 | +16,56 |
2014 | 19 011,96 | +44,25 | +0,23 |
2015 | 21 418,37 | +2 406,41 | +12,66 |
2016 | 19 234,58 | -2 183,79 | -10,20 |
2017 | 21 853,34 | +2 618,76 | +13,59 |
2018 | 18 324,00 | -3 529,00 | -16,10 |
In pratica, il FTSE MIB è entrato in un ampio trading range compreso tra i 15000 punti e i 25000 punti approssimativamente e quindi il primo consiglio che mi sento di darvi è di tracciare un rettangolo con l’altezza che definisce appunto il trading range sul grafico settimanale dell’indice e capire in che parte ci troviamo e come agire di conseguenza. Questa tabella comunque, va detto, non tiene conto dei dividendi che vengono pagati ogni anno dalle società, che possono essere sintetizzati solo nell’ultimo anno in circa 700 punti di indice.
Un dato curioso nella statistica è che gli anni dispari sembrano essere gli anni in cui l’indice FTSE MIB va meglio rispetto a quelli pari.
Come si compone il paniere del FTSE MIB
La revisione ordinaria dei componenti dell’indice FTSE MIB viene effettuata trimestralmente, il lunedì successivo al terzo venerdì di marzo, giugno, settembre e dicembre. Ci sono comunque ribilanciamenti straordinari a seguito di operazioni sul capitale (incremento del numero di azioni superiore al 5%), a variazioni rilevanti del flottante (superiore al 5%) e a seguito di spin off (cioè scorpori di rami d’azienda), fusioni, delisting (cioè cancellazione dalle contrattazioni), o nuove quotazioni, se la capitalizzazione del nuovo titolo è uguale o superiore al 3% di quella corrente dell’intero mercato. Questa è la sua attuale composizione aggiornata a giugno 2019 partendo dalle società aventi peso maggiore:
Enel 13,41%
ENI 11,91%
Intesa San Paolo 9,91%
Unicredit 7,71%
Generali 6,46%
Ferrari 4,53%
Fiat Chrysler 4,42%
Atlantia 3,71%
Snam 3,14%
CNH Industrial 2,72%
STMicroelectronics 2,53%
Terna 2,41%
Mediobanca 2,04%
Moncler 1,99%
Exor 1,85%
Telecom Italia 1,8%
Tenaris 1,77%
Campari 1,5%
Finecobank 1,39%
Prysmian 1,33%
Leonardo 1,21%
Poste Italiane 1,21%
Recordati 1%
Banco BPM 0,84%
Italgas 0,81%
Saipem 0,8%
Hera 0,78%
A2A 0,76%
Pirelli 0,75%
Ubi Banca 0,72%
Unipol 0,64%
Amplifon 0,62%
DiaSorin 0,61%
Azimut 0,54%
BPER Banca 0,42%
UnipolSai 0,42%
Salvatore Ferragamo 0,39%
Buzzi Unicem 0,38%
Nexi 0,38%
Juventus 0,17%
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Come si può notare, l’indice FTSE MIB sta cambiando la sua composizione, nonostante continui ad essere un indice bancocentrico (ovvero con un alta percentuale di titoli finanziari), diventando un indice un po’ più industriale come può essere il Dax. La crisi che ha colpito il sistema bancario ha buttato fuori dal listino tutte quelle banche gravemente colpite e che hanno perso fino al 90% del proprio valore, come la Banca Montepaschi di Siena.
Sono state invece promosse alcune importanti società industriali, fiori all’occhiello del nostro made in Italy come Amplifon e DiaSorin.
Quella che segue è la divisione dei titoli per settore, in modo da comprenderne il peso specifico all’interno del listino, con alcuni consigli per l’investimento.
Il settore finanziario tra banche e risparmio gestito
Il settore finanzario del FTSE MIB ha il peso specifico maggiore (circa il 33% del totale) ed è il più numeroso comprendendo ben 13 titoli che sono: Intesa San Paolo, Unicredit, Generali, Mediobanca, Exor, Finecobank, Poste Italiane, Banco BPM, UBI Banca, Unipol, Azimut, BPER Banca, UnipolSai.
Titoli come Intesa San Paolo e Generali sono da tenere d’occhio perchè sono rispettivamente la migliore banca e il migliore gruppo assicurativo italiano. Rilasciano ogni anno un dividendo e sono adatte ad essere negoziate sia in intraday per via della buona volatilità e liquidità sui titoli che per il medio lungo termine. Titoli altrettanto validi, ma più in ottica da cassetto sono Mediobanca e Poste Italiane. Finecobank è anche un’ottima società, leader italiana del trading online e va monitorata, specialmente da quando si è scorporata da Unicredit. Gli altri titoli non godono della mia stima, ma possono essere comunque negoziati con buone soddisfazioni nell’intraday, specialmente Banco BPM. Questo vuol dire che sono più adatti ad un’operatività di tipo Short, per cui finché non ci saranno segnali di inversione dal mercato vi sconsiglio fortemente di entrare long sui titoli bancari solo perché “sono scesi troppo”. Se non vi piace lo Short, cambiate titoli.
Il settore petrolifero e del gas naturale
Rappresenta il secondo maggior componente (19% del totale) del paniere FTSE MIB e comprende i titoli ENI, Saipem, Snam e Tenaris.
Anche qui consiglio di negoziare il più liquido di questi, vale a dire ENI, sia in intraday che nel medio-lungo termine. Saipem è stato caratterizzato da più speculazione e volatilità, ma adesso sembra aver preso un buon viatico per il rialzo. Queste due solide realtà del mercato italiano hanno correlazione con i prezzi del petrolio, per cui non dimenicate di aggiungere il crude oil alla vostra watchlist. Tenaris sembra essere un titolo sottovalutato per cui potrebbe valere la pena accumularlo da questi prezzi. Snam è invece un titolo da puro cassettista, lento ma che paga sempre il dividendo.
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Il settore dei servizi pubblici
È il terzo settore per peso specifico (18%) e comprende titoli che sono: A2A, Enel, Hera, Italgas e Terna. Sono titoli essenzialmente da cassettista, da accumulare sui ribassi e che staccano periodicamente la loro cedola di dividendo. Consigliati quindi per chi vuole un portafoglio tra il bilanciato e il difensivo. Il loro rendimento negli ultimi anni è più positivo rispetto ad altri settori.
Il settore industriale tra tecnologia e salute
Un settore molto vasto che comprende alcune delle aziende d’elite del nostro paese. Sono i titoli: Atlantia, Amplifon, Buzzi Unicem, CNH Industrial, Diasorin, Leonardo, Nexi, Recordati, STMicroelectronics e Prysmian.
I titoli migliori ad essere negoziati nell’intraday sono Atlantia, Leonardo e STMicroelectronics, con quest’ultimo in particolare da seguire in parallelo ai titoli del Nasdaq essendo uno sviluppatore di sistemi a semiconduttore e fornitore, tra gli altri, di Apple. La matricola Nexi, appena arrivata alle quotazioni, è anch’essa da seguire essendo la più attiva nei pagamenti elettronici. Sono ottimi titoli anche Amplifon, Diasorin e Recordati, tutti e 3 aventi a che fare con la salute, da accumulare su ogni ribasso finché il mercato dimostrerà di premiarle (il contrario di ciò che avviene con le banche). Anche qui: non fate l’errore di entrare short contro-trend perchè sono “saliti troppo”: questa pratica è ancora più pericolosa perchè il titolo potrebbe anche salire all’infinito o comunque più della vostra capacità di sopportazione!
Il settore dei beni di consumo
Anche tra i beni di consumo figurano assolute eccellenze italiane che il mondo ci invidia. Sono i titoli Campari, Ferrari, Fiat Chrysler, Moncler, Pirelli e Salvatore Ferragamo.
Campari, Ferrari e Moncler sono tra i miei titoli preferiti in assoluto, perché sono i cosiddetti anticiclici, ovvero non conoscono stagionalità e tirano sempre regalando sempre ottime soddisfazioni per chi li possiede. Da accumulare su ogni storno, sono da manuale di analisi tecnica.
Da verificare Fiat Chrysler, che però si può negoziare anche in intraday essendo un titolo liquido e volatile.
Eviterei almeno per il momento Pirelli e Salvatore Ferragamo, non molto premiate dagli investitori nell’ultimo periodo probabilmente a causa di un management che non fa bene il suo lavoro.
Strategie per il trading dell’indice FTSE Mib con i CFD
I CFD, strumenti derivati che replicano il sottostante, in questo caso l’indice FTSE MIB, sono consigliati per fare trading sugli indici perché sono spesso a commissioni zero e possono essere negoziati con poche centinaia di euro grazie alla leva finanziaria.
Le strategie che si possono applicare al trading degli indici sono tante e insieme ne vedremo 3.
Tra le possibilità che vi si presentano vedremo in particolare lo “scalping” degli indici, ovvero quel trading che si conclude in pochi minuti o comunque entro la giornata (intraday), il trading di posizione a medio termine e lo spread trading, a protezione di vostri investimenti precedenti.
Il trading intraday
Questa strategia si presta particolarmente bene al trading degli indici tramite i CFD. Come indicato dal nome stesso, per praticare questa strategia è quindi necessario che l’investitore apra e chiuda le proprie posizioni nel corso della stessa giornata e che tutte le sue posizioni risultino chiuse alla chiusura del mercato. Da considerare che, poiché l’indice FTSE MIB è un indice molto volatile, si possono fare buoni profitti anche in poche ore. I momenti più interessanti per fare scalping sono dall’apertura delle contrattazioni, fissata alle ore 9, fino alle ore 11 per sfruttare quello che è il cosiddetto “pump and dump” del mercato. Altro momento interessante è costituito dalle 15.30 quindi in contemporanea con l’apertura di Wall Street fino alla chiusura delle 17.30 dove si assiste spesso a un’inversione rispetto al trend mattutino (gli americani la chiamano buy on dips).
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Il trading di posizione o a lungo termine
Il trading dell’indice FTSE MIB tramite i CFD si presta particolarmente bene all’investimento a lungo termine. Questa strategia presenta in particolare il vantaggio di non richiedere un’attenzione continua da parte dell’investitore, naturalmente impostando nella strategia un punto dove uscire sia in guadagno che in perdita. Lo Stop Loss, infatti, ci salva il capitale se non abbiamo avuto la visione corretta (e può chiaramente succedere a tutti, anche ai più esperti). Tornando al discorso sul trading di posizione, esso può essere a sua volta di due tipi: swing trading o breakout.
Quando parlo di swing trading intendo negoziare un indice che sta per rimbalzare provenendo dalla direzione opposta, magari per una notizia o per un annuncio importante da parte della Banca Centrale Europea. Lo swing trading permette di fare trading avendo un alto rapporto rischio/rendimento dalla nostra parte.
Viceversa, il trading a breakout è quello che prevede di entrare alla rottura di particolari livelli sul mercato, ossia sulla forza dell’indice. Sulla carta può sembrare sbagliato, ma ci sono casi in cui i breakout funzionano eccome. L’importante è saperli riconoscere con l’ausilio dell’analisi tecnica.
Lo spread trading
Terza e ultima strategia che vi vado a descrivere (anch’essa applicabile con i CFD) è lo spread trading. Cosa significa? Ve lo spiego con un esempio. Supponiamo di avere un certo tipo di azioni in portafoglio, per esempio del settore industriale. I titoli sono in guadagno ma ci sono dei problemi nuovamente legati alle banche che stanno facendo crollare l’indice trascinando negatività anche sui miei titoli. Per “congelare” il mio guadagno sulle azioni, entro “Short” sul CFD dell’indice FTSE MIB. Avete capito bene, spero. Sono Long di azioni e Short di indice. In questo modo vado a compensare la perdita giornaliera o settimanale che avrò sulle mie azioni andando a chiudere la posizione di copertura aperta sull’indice una volta che sarà più chiara la situazione.
Questo tipo di strategia è applicabile anche tra un’azione e un’altra o tra un indice azionario e un altro.